Cataldi Madonna si prepara a colorare insolitamente di rosa le tavole degli italiani durante le feste con i suoi Piè delle Vignee il Cataldino pronti a farsi spazio tra spumanti e champagne. Il primo è un vino “transessuale”, come ama definirlo Luigi Cataldi Madonna, che rappresenta la tradizione, la storia del territorio e sfida i cugini d’oltralpe dai quali si differenzia per identità. Il secondo è l’innovazione ed è considerato il “provenzale d’Abruzzo”. Nato da un’idea di Giulia Cataldi Madonna, figlia di Luigi, non è un cerasuolo, non è un rosé e guai a chiamarlo rosato: il Cataldino, è un Montepulciano vinificato in bianco dal colore cipria. Un esperimento di successo che Giulia ha deciso di tentare mentre scriveva la sua tesi di laurea e che oggi si sta ritagliando la sua nicchia di ammiratori.
Cataldi Madonna, l’azienda con sede nel “Forno d’Abruzzo”, l’altopiano di Ofena ai piedi del ghiacciaio del Calderone, all’interno del massiccio del Gran Sasso, ha fatto del rosa la sua battaglia e oggi il suo simbolo, in particolare con l’avvento alla guida dell’azienda di Giulia Cataldi Madonna, figlia del “professore vignaiolo” Luigi, docente di filosofia all’università e figura di spicco del rinascimento vinicolo abruzzese.
“L’errore è pensare che il rosa sia un vino da femminuccia o un vino da bere solamente d’estate, sotto al capanno. – afferma decisa Giulia – Noi, per combattere questo stereotipo, quasi per provocazione, commercializziamo il Cataldino a Natale. Tutto è nato dalla riflessione scaturita da un dato impressionante: il 30% dei Francesi beve rosé, mentre soltanto l’8% degli italiani apprezza il rosato. Com’è possibile?” racconta Giulia. L’idea era cambiare la tendenza, una sfida grande con una risposta semplice: a noi manca la fede nel rosato e il Cataldino vuole essere un piccolo contributo alla sua crescita.
Nasce così il Cataldino, un vino rosa prodotto con le migliori uve dell’azienda, aspettando la loro piena maturazione fenolica, con l’ambizioso obiettivo di mostrare che le terre del Gran Sasso, luogo di produzione e sede dell’azienda, sono tra le più vocate al mondo per la realizzazione di rosati concepiti come questo: un Montepulciano vinificato in bianco con fermentazione spontanea a 18/20 gradi, complesso e persistente. Il risultato è sicuramente un vino che presenta affinità di stile con alcuni provenzali, ma la Provenza viticola è zona per scampagnate: le mancano il Gran Sasso, il suo ghiacciaio e soprattutto il Montepulciano. Ed è proprio con questi tre assi che il Cataldino gioca la sua partita.
Meno giovane ma pluripremiato è il Piè delle Vigne, il “vino transessuale”, denominazione che deriva dal suo DNA frutto di un innesto di una procedura su un’altra. Questo cerasuolo – un Cru vincitore svariate volte del prestigioso premio “3 bicchieri” Vini d’Italia del Gambero Rosso (2021, 2019, 2018) e dell’attestato di eccellenza Vitae la guida vini 2021, dell’Associazione Italiana Sommelier – nasce nel 1997 con lo scopo di rinnovare un’antica tecnica, usata dai contadini della zona per produrre il vino di casa: la svacata (da vaco, acino): questa procedura consisteva nel separare subito il mosto dalle bucce e contemporaneamente, in un tino a parte, fare una macerazione con le bucce, svinata a metà fermentazione. Le due parti venivano poi unite a fine fermentazione. La “svacata” serviva a correggere struttura e colore della parte vinificata senza bucce. Le proporzioni della miscela variavano a seconda dei gusti del contadino.
Dopo varie sperimentazioni con percentuali diverse, il Piè delle Vigne trova finalmente la versione migliore, che vede una miscela del 85% di mosto fatto senza bucce, come se fosse un bianco, e del 15% macerato con le bucce, come se fosse un rosso. Non un vino “facile” ma sicuramente unico per la difficoltà data dall’ottenere due mosti della stessa partita d’uva vinificati differentemente – e che hanno ovviamente tempi diversi – con lo stesso residuo di zuccheri. Si deve partire in momenti diversi, ma bisogna arrivare insieme. I due mosti sviluppano una parte delle loro caratteristiche genetiche separatamente e poi completano insieme la loro formazione. Lo scopo di Luigi era anche un altro: cercare di coinvolgere chi beve questo vino nel determinare la sua natura. Capire il suo intento è facile: basta berlo ad occhi chiusi e il Piè delle Vigne diventerà un rosa se si ha voglia di rosato e di fresco, oppure si trasforma in rosso per chi ha voglia di rosso e di tannini. “L’essere trans accontenta tutti”.
“Il vino rosa è un vino unico, versatile, ottimo per festeggiare momenti importanti e intimi. E come diceva Aristotele La virtù sta sempre nel mezzo” commenta Giulia Cataldi Madonna.